Ho sempre pensato ai miei quadri come se facessero parte integrante di una mia patriarcale famiglia; o meglio, come se fossero proprio tutti miei figli. Io che nel corso della vita non sono riuscito, o forse non ho potuto o voluto averne di realmente naturali, in carne ed ossa.
Io che, praticamente... nato nello studio di pittura di mio padre Fausto nel bel mezzo della seconda guerra mondiale e non essendo ancora capace di dipingere, dovetti accontentarmi di fargli da modello per i suoi lavori d'arte sacra nel ruolo di puttino alato o di un biondissimo Gesù Bambino, io, dicevo pocanzi, ricorderò per sempre quando con puerile orgoglio e malcelata soddisfazione un abituale cliente di mio padre volle acquistare i miei due primi dipinti raffiguranti Roma sotto la celebre "nevicata del '56" tanto cara a Mia Martini !
Cominciai da allora a pensare che veramente avrei dovuto fare il pittore.
Facendo qualche calcolo, mi rendo conto solo adesso che da quei quindici anni ad oggi di anni ne sono passati ben sessanta; tondi tondi. Ma quanti "figli... su tela" avrò dunque generato in tutto questo tempo? E chi lo può dire? So soltanto che ad ognuno di loro ho voluto un gran bene.
Certo, come le persone, ciascuno ha il suo carattere: Chi è gioioso e chi malinconico, chi luminoso e solare e chi riservato e crepuscolare, chi audace e forte e chi delicatamente timido. E ancora, chi è grande e chi minuto, chi verticalmente sviluppato e chi pianamente lineare, chi chiaro e chi scuro, chi...
Basta, ci sono tante, tante diversità, ma c'è un sicuro punto fermo: sono tutti miei figli, desiderati e attesi con trepidante passione, perché nati dal mio amore per l'arte.
Ma mi accorgo adesso che qualcosa non quadra: Se considero la sessantennale carriera di pittore, sarebbe più corretto concedere a questi figli "telati" e ormai maturi, la loro giusta libertà di azione, perché ormai potrebbero pure chiamarmi... nonno.
E allora coraggio, diventate indipendenti, girate il mondo e fatevi onore: anche per me.
Ciao a tutti da Sandro!